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Ripensare la politica e i diritti sociali

di
Giacomo Pisani

Sul terreno del welfare si giocano le partite più importanti per la politica e il diritto, per questo si rende necessaria oggi una riflessione approfondita sull’attuale modello di produzione e sui diritti sociali, che costituiranno i temi privilegiati di questa pagina di “Filosofia in movimento”. Il capitale finanziario, negli ultimi vent’anni, ha subito un processo di vorticosa espansione, astraendosi dalla produzione materiale, sempre più localizzata al di fuori dell’occidente, e mettendo a valore le competenze cognitive e relazionali che si sviluppano all’interno della rete e delle possibilità di relazione costituitesi nella postmodernità.

Il capitale finanziario ha una natura essenzialmente cognitiva, eppure il mancato riconoscimento giuridico ed economico di tale produzione, connessa sempre più con l’intera dimensione sociale in cui si esplica l’esistenza, non viene assunto in maniera conflittuale dai soggetti che vivono in maniera eminente tale disagio. Le possibilità di relazione tipiche della postmodernità, infatti, si caratterizzano per una neutralità e una a-storicità che impediscono qualsiasi oggettivazione delle condizioni sociali dello sfruttamento. I soggetti sono implicati in una dimensione estetizzante, estraniata, in cui vengono impiegate le capacità di relazione più generaliste e meno ingombranti da un punto di vista identitario. L’irrequietezza e la dispersione che caratterizza i social network, la neutralità dei centri commerciali che ristrutturano le relazioni al di fuori del contesto comunitario, entro una nuova cornice priva di radicamento e di significati condivisi al di là del consumo, anestetizzano qualsiasi possibilità di soggettivazione.

Il mercato tende a consolidarsi come unico parametro del valore sociale, potendo estendersi a livello globale. L’impossibilità, da parte dei singoli stati, di porsi a regolazione dei processi economici, ha portato il mercato ad autoregolarsi anche attingendo al sistema giuridico, innescando un processo altamente contraddittorio, che  si rivolta in  maniera sempre più minacciosa contro la dignità e i diritti fondamentali della persona.

La dimensione sociale, resa immediatamente produttiva, ha una ricaduta anzitutto politica, in quanto investe direttamente il funzionamento del capitale finanziario. Sul terreno del welfare e dei diritti sociali, non intesi in senso assistenziale ma attivistico, funzionale alla partecipazione democratica, la politica si trova dinanzi ad una partita importante. Essa, oggi confinata in una gestione tecnica dell’esistente entro i parametri del mercato, deve avviare processi costituenti in grado di attraversare l’immanenza dei processi di soggettivazione che investono la società, per generare istituzioni e forme di riconoscimento giuridico all’altezza dei tempi. L’incedere del mercato esige la tutela della dignità e dei diritti fondamentali della persona, che non costituiscono delle categorie astratte o naturali, ma sono esposte ai mutamenti della produzione e della società e necessitano di uno spazio di riconoscimento e di tutela sostanziale. In questa chiave, la dialettica del reddito e dei beni comuni si rivela interessante, inserendosi in un processo costituente che sottrae beni e servizi al mercato e costruisce un diritto del “comune”, decostruendo le categorie proprietarie tipiche del diritto moderno. Il comune non è un insieme statico di beni, servizi e diritti, ma si costituisce all’interno dei processi di soggettivazione che innervano la società, ponendosi in maniera dialettica in rapporto alla storicità dei bisogni sociali, del diritto e delle istituzioni.

La filosofia, le scienze sociali, la politica e il diritto hanno su questo orizzonte un ruolo fondamentale: quello di ricomporre, a partire dalla mutata articolazione della produzione, del lavoro e dell’economia su scala globale, il rapporto fra soggettività e diritti, fra dignità e riconoscimento giuridico, fra cooperazione e sviluppo.  In questa direzione, è necessario ritrovare la funzione creatrice della politica e del diritto, come tensione fra resistenza e costruzione del comune. Per recuperare uno spazio di progettazione in cui la realtà è l’incrocio fra singolarità in movimento, aperte verso il futuro.