Manifesto

Programma ideale di Filosofia in Movimento

Intorno a “Filosofia in movimento” si è raccolto e si costituisce ora in Associazione un gruppo di studiosi, maturi e più giovani, in prevalenza accademici ma anche liberamente attivi, che, nel segno centrale e riassuntivo di “Filosofia”, compiono opera di ricerca in alcune delle sue molteplici e varie specificazioni, soprattutto riguardo all’ambito antropologico e storico-sociale, assecondandone il trapasso dall’una alle altre, seguendone le aperte configurazioni, evoluzioni e costanti trasformazioni (“in movimento”, appunto). Già a scorgere i prodotti di FIM negli anni passati, si vede bene come vi ricorrano, in forma non solo di audiovisivi, soprattutto contributi di filosofia e storia della filosofia, filosofia politica e del diritto, sociologia, ecc.; in futuro, nel corso del lavoro di ricerca e con l’ampliamento dei collaboratori, altre discipline, autonome o sussidiarie, verranno certamente ad aggiungersi.

Lo scopo principale e prioritario dell’Associazione è quello di cercar di tenere insieme un rigoroso piano scientifico di ricerca e la cura della sua espressione secondo i nuovi modi di comunicazioni in rete. Di qui discende, com’è ovvio, una destinazione della nostra attività di trasmissione del sapere indirizzata soprattutto alla formazione, in particolare dei giovani e degli universitari, tanto che molte trasmissioni sono fin dall’origine pensate in forma di prima e concentrata lezione d’università. Ciò comanda, naturalmente, un’attenzione per gli ordinamenti pratico-didattici e per le nuove forme di comunicazione; senza contare che in un’impresa collettiva come la nostra è più che mai rilevante la discussione, il libero dibattito tra studiosi appartenenti allo stesso campo del sapere o a discipline diverse e contigue.

Si discute molto oggi dell’utilità e anche del danno arrecati dai nuovi strumenti di comunicazione, web e social networks. Per limitarci al nostro ambito (ché la questione com’è noto ha effetti sull’organizzazione complessiva della società) si hanno, da un lato, i benefici della rapida informazione, della condivisione e discussione immediata tra interlocutori anche lontanissimi tra loro, e molti altri vantaggi, che sono a tutti noti; ma, parallelamente, sono anche ben conosciute e continuamente studiate (da ultimo nell’interessante e imponente ricerca promossa dalla “Graduate School of Education” di Stanford) le conseguenze negative di questa potente svolta tecnologica e culturale. In breve: scarso grado di attendibilità o mediocre qualità delle informazioni che non di rado girano in rete, e, soprattutto, da parte degli utenti, vulnerabile credulità o mancanza di strumenti di discernimento nel distinguere il vero e attendibile dal falso e dal misterico, la serietà dalla cialtroneria, la scienza dalle fantasiose leggende metropolitane. Anche da parte dei giovani, che si suppongono, come “nativi”, più abili e dotati nell’uso dei nuovi strumenti, si riscontra talora scarsa capacità di saper fare ragionato fronte critico dinanzi alla massa di notizie che, come una valanga, si rovescia nel web: un rischio di credulità che è segno d’impoverimento del linguaggio e dunque del pensiero, condizionato se non trasformato dal medio, che quasi sembra obbligare a una contrazione riduzionistica del pensiero, a una rinuncia alla profondità d’informazione e alla attenta valutazione, a vantaggio di quel moloch dei nostri tempi che è la velocità, dove rapida e immediata diviene l’espressione delle proprie conoscenze e dei propri “umori”.

Ma sarebbe fuor di luogo ora dilungarsi a svolgere questo tema, tanto complesso quanto, come s’è detto, ricco di ricerche e di evidenze empiriche. Basti dire ora che il nostro sforzo è teso a un compito di accurata selezione critica e orientativa del materiale posto da noi in rete, di modo che si venga superando quello stordimento da sovrabbondanza d’informazione di cui già parlava Edgar Morin. Il problema è dunque quello di evitare che la cultura trasmessa in rete divenga fonte di frastornata passività, che si traduce quasi naturalmente o in una semplificazione di ciò che è complesso e dei suoi linguaggi, o, al contrario e al meglio, in una specializzazione isolata e parcellizzante. Il nostro proposito è quindi quello di cercare di governare questa potente innovazione tecnologica di modo che di essa si valorizzino i vantaggi, insegnando almeno indirettamente a saper utilizzare i siti, a ragionare sulle fonti delle informazioni, a confrontare e distinguere, rinviando dalla rete ad altri strumenti del conoscere, e innanzitutto ai libri, a quella cultura che rende sapienti e più esperti anche nell’uso dei nuovi strumenti del sapere.

In un’impresa collettiva qual è la nostra, salvaguardando certo personalità metodo e competenze di ognuno, l’impegno unitario dovrebbe farsi sentire nella comune passione culturale e civile, in una qualche convergenza circa gli esiti, la destinazione o le ambizioni che si vengono perseguendo; ciò presuppone a sua volta la costituzione di un’inattuale forma di comunità di studiosi dove le competenze vengano a saldarsi le une alle altre. Nelle intenzioni che ci animano, quella più alta è costituita dal tentativo di fornire, con la nostra attività, un piccolo contributo critico alla società in cui c’è toccato in sorte di vivere, e in particolare alle forme autonome della cultura, prendendole au serieux, e alla civiltà in cui esse si esprimono. Intanto, superando i legami di mero utilitarismo che ci stringono da ogni lato, il compito potrebbe esser detto di preparazione o educazione alla natura e ai modi di essere della vita civile che si manifesta nell’esperienza democratica, in quanto principio non oltrepassabile della politica e della società moderna, al di là delle sue attuali e straordinarie difficoltà e dell’inquietante modestia delle sue prestazioni. Nel quadro di questa possibilità, che dovrebbe restare aperta, di rinnovate forme istituzionali, storico-giuridiche, sono altresì da ripensare, con sforzo di invenzione e spirito critico, i moderni e già antichi vessilli di eguaglianza, oggi piuttosto laceri, e quelli, complementari ma decisivi, sebbene per necessità anch’essi sbiaditi, della libertà, in quanto espressione per tutti (“in movimento”) di un creativo esercizio del proprio sviluppo e della realizzazione delle proprie capacità, individuali e comunitarie.