Antropologia politica
Come è già stato segnalato in grande stile da alcuni grandi classici del pensiero occidentale (Tocqueville, Stirner, Nietzsche, Jünger, Heidegger), la metafisica dell’Occidente, insieme ai suoi valori fondanti, ha pressoché esaurito il proprio percorso, lasciando sul terreno soltanto la tecnica e varie declinazioni della volontà di potenza.
In questo quadro, la visione del mondo tradizionale ha smarrito il proprio senso, rendendo necessario un diverso approccio che renda conto in maniera nuova degli intrecci inediti che vanno costituendosi fra natura e cultura, fra storia e potere.
L’antropologia politica – pertanto – si pone come un sapere di frontiera, capace di attingere ad un terreno originario che, mentre sollecita un confronto critico con i sistemi politici moderni e contemporanei, prende in considerazione altresì gli innumerevoli elementi universali dell’umano presenti nelle culture storiche. Essa, infine, ritiene necessaria una concezione ampia e non rigidamente accademica e settoriale della filosofia.
L’antropologia politica, inquadrata secondo questo punto di vista, è in grado di riflettere ad ampio raggio sul politico, proprio perché visualizza quest’ultimo a partire da un’angolazione prospettica che non si limita ad una critica normativa, pur necessaria, delle istituzioni politiche e della democrazia, ma cerca le motivazioni e le strutture profonde del potere nelle varie espressioni dell’essere-in-comune – di volta in volta considerato