Lettera ai miei docenti
di Anna – Studentessa liceale
9/03/2020, data fondamentale da ricordare poiché l’istituzione scolastica italiana si è fermata a causa dell’emergenza sanitaria più problematica del ventunesimo secolo.
Siamo stati tutti catapultati in una situazione di indubbio disagio, in cui nessuno sapeva come comportarsi e come sfruttare al meglio i molteplici (forse troppi) strumenti telematici che ci erano prospettati. Timore e totale disorientamento segnavano intere giornate passate in isolamento. Noi studenti abbiamo unito le forze e attinto alle nostre risorse per continuare il percorso scolastico al quale abbiamo, pur sempre, diritto, rivoluzionando il concetto classico di “scuola”, mettendo in discussione tutti i valori precedentemente acquisiti.
La domanda che sto per porvi richiede, per la risposta, un profondo esame di coscienza, la più sincera presa d’atto degli effetti delle decisioni prese: vi siete mai soffermati ad analizzare lo stress emotivo, e altrettanto psicologico, a cui siamo stati sottoposti?
La didattica a distanza ci ha segnato particolarmente, ma la peggiore esperienza è stata, ed è tutt’ora, la mancanza di comprensione da parte di persone che consideravamo quasi alla stregua di “modelli di vita”.
Sin da bambina, ero incuriosita da tutto ciò che mi circondava, dalle matite colorate che mia mamma riponeva nel mio zaino ogni mattina, alle singole storie che la mia insegnate era solita raccontare. La scuola è sempre stato un luogo in cui, ai miei occhi, era assente l’ignoranza (il male peggiore che possa esistere, a parer mio) e, soprattutto, la paura di essere incompresi.
15/09/2020, il Governo italiano afferma di aver lavorato incessantemente durante il periodo estivo ed è pronto a riaprire le scuole della penisola. Risultato? Tempo due mesi e sono stati costretti a richiudere; siamo punto e a capo. Sorpresi? Neanche noi.
Eravamo convinti di saper lavorare con questa dannata DAD, eppure riscontriamo gli stessi, identici problemi iniziali: scarsa connessione, problemi tecnici di ogni tipo, diminuzione della concentrazione e della voglia di continuare con questa, permettetemi di dirlo, inutile modalità. Ripeto, siete sorpresi?
Abbiamo difficoltà a farvi capire che ci sentiamo lasciati quasi allo sbando, quei “modelli di vita” di cui parlavo hanno ormai come unico obiettivo quello di farci ingurgitare più nozioni possibili, per poi farcele recitare a loro piacimento.
Eravamo coscienti di entrare in una scuola dove non c’è posto per la pigrizia e la non curanza per gli studi, certo, ma se avessimo saputo che il livello di comprensione umana sarebbe stato praticamente nullo, illustri professori, avremmo riconsiderato le nostre scelte. Non fraintendeteci, siamo fieri del percorso che abbiamo intrapreso ed essendo giunti quasi al termine di questa esperienza, non vogliamo lasciare questo ambiente così come lo abbiamo trovato. Proprio per questo vi chiediamo, ora, in questo momento così delicato, di seguirci nell’essere il cambiamento in cui tutti noi, ancora, crediamo.
La scuola non può essere un luogo in cui ansie e paure regnano sovrane, ma un posto in cui la curiosità non trova confini e l’educazione e il rispetto per il prossimo devono essere all’ordine del giorno.
Cercate di comprendere le nostre necessità, senza annientare le nostre capacità personali, e vi assicuro che non ci sarà spazio per future incomprensioni, poiché, con la giusta benevolenza, non avranno modo né luogo di esistere.