/wp-content/uploads/2018/11/logo_header_transp.png00Gianni Vattimo/wp-content/uploads/2018/11/logo_header_transp.pngGianni Vattimo2014-03-16 17:36:222019-12-08 11:09:33VIDEO – Ermeneutica o nuovo realismo?
1commento
Mauro Pastore dice:
La prima parte del testo, prima dell’asterisco, è introduttiva:
La rifondazione comunista in Italia dopo la chiusura del PCI e la apertura del PDS, questa necessitata anche dalle esigenze di distruggere ogni connivenza col potere stalinista ed imperialista sovietico, accadde grazie alle formazioni comuniste locali, non marxiste od antimarxiste, di ispirazione gramsciana o postgramsciana, eticamente allineate al leninismo e per militanza intellettuale antistaliniste. Quale proposta unica, tale rifondazione ebbe vita piuttosto breve, non autonoma durante il breve periodo di governo, cioè condizionata dalle amministrazioni locali che ne sostenevano o negavano i progetti, non per questo terminata con un nulla di fatto, dovuto infatti alla intransigenza propria e degli alleati di governo. Essa col crollo della alleanza aveva già realizzato quanto in concordia coi vari comunismi locali al potere in Italia. Quale programma molteplice in relazione a tali molteplicità, tale rifondazione era in parte il compimento del progetto di un comunismo italiano non antioccidentale e democratico, promosso con forza ed autonomia dal segretario di partito Enrico Berlinguer. Per il resto, essa era propriamente solamente fondazione, indubbiamente connessa alla volontà di Gramsci di un socialismo reale ma parziale, secondo varietà di luoghi e differenze etniche. Teorico della minaccia comunista, azione condotta per un fine non comunista ma per scopo dei comunisti, Antonio Gramsci era in ciò intellettuale isolato, quale scrittore diventato per alcuni lettori anche ‘intellettuale organico’, attuando forse per primo il ruolo da lui medesimo prefissato, con successo soltanto postumo. Quando Bertinotti aveva assunto guida della Rifondazione, essa aveva già la prospettiva fissata da Gramsci, assegnata dai suoi seguaci politici, per questo Fausto Bertinotti non sentiva legame con tale vicenda, ma ne aveva retaggio politico.
Il comunismo italiano dunque è stato tipicamente e praticamente un pensiero della molteplicità, basato su rivendicazioni che se più forti di quelle rivoluzionarie restavano comunque tutte istituzionalmente compatibili o legislativamente riconoscibili; e tale forma è rimasta per qualunque estremismo di sinistra basato su ideologia comunista. A ciò, si affiancava non da sùbito il comunitarismo, quale ideologia politica generale derivata dalla attuazione di quella precedente particolare, ma anche quale provenienza diversa, socialista o non socialista, moderata o non moderata, di orientamento non specificabile o di sinistra o di centro oppure anche di destra. Si potrebbe dunque mostrare con facilità che il comunismo italiano è ora assunto od assumibile quale variante particolare della ideologia comunitarista, questa con prassi specifica fondata sul pensiero della molteplicità.
Dunque l’etica di fondo di questa evoluzione ed innovazione, allargamento ed inclusione, è identificabile nel rifiuto del “pensiero unico”, la quale oltre ad essere stata ed essere una etica di filosofia politica, è stata anche una militanza politica nello Stato, giudiziaria prima che intellettuale. In questa attività va inquadrato anche il piano “Gladio” di difesa militarizzata ed istituzionale dello Stato italiano dalle indebite intrusioni di provenienza comunista-sovietica. Dunque annoverarlo per colpo di mano di estrema destra non è corretto, tanto più che fu garantito e difeso da rappresentanti politici istituzionali e di schieramento di centro o centro-destra, democristiani.
Per ciò che concerne la filosofia, dunque si può considerare quali fonti delle azioni politiche: le politologie di Lenin, leninisti, Gramsci, gramsciani, ed inoltre tutta la ideologia politico-ideologica del postmodernismo, impegnata nella ridefinizione di nuove prospettive e nel puntuale rifiuto degli assolutismi di sinistra, in considerazione degli anacronismi inaccettabili e dei contesti storici ridefinibili.
È stato invece un tentativo diverso quello di isolare la ragione storica comunista dalla logica comunitaria, tentativo condotto in Italia mediante azioni antiistituzionali od atti antipolitici, entrambi con moderazione tale da aggirare le reazioni difensive necessarie e necessitate. Inserito nell’àmbito clandestino che sussiste tra burocrazie dell’Europa e dei suoi Stati e Regioni, tale tentativo ha potuto consistere a causa di incongruenze ed insolvenze, diventando di fatto poi un alleato dello sviamento delle istituzioni politiche ed economiche europee, questo improntato ad un liberismo estremo e legalmente provvisorio od inconsistente, quel tentativo invece solamente condottovi o trascinatovi.
Le formazioni politiche comuniste anticomunitarie, di ascendenza ma non origine comunista, dunque storicamente pre-rifondazioniste, annunciatesi non tradizionaliste od antitradizionaliste, pesantemente influenzate da ambienti subculturali o coinvolte da intenzioni non repubblicane cioè non realmente democratiche perché estranee alla logica democratica repubblicana, hanno operato in funzione non direttamente o non palesemente alternativa, non antagonista e non radicale, secondo strategia comunicativa e tattica riformista, dunque assumendo per tramiti, volontari o coatti, i movimenti di alternativa comunista, vecchi e soprattutto nuovi, tentando di condurre lo Stato italiano verso le insidie di riconoscimenti di affermazioni inconsistenti dopo che le istituzioni europee erano state invase da prassi inautentiche e superflue, ma incontrando di fatto rifiuti netti o definitivi dell’elettorato o nei sostenitori, inoltre subendo la avversione dei poteri culturali tradizionali e degli attivisti per il riconoscimento reale dei reali diritti, ostili a parti e partiti politici in opere di rivendicazione astratte e non realmente possibili, impeditive e collusive, critiche e non fattive, senza competenze e con sola persuasione. Di fatto sfruttando disordini, incompetenze, assenze, tali formazioni non effettivamente alternative non subivano però veti diretti da chi ne avversava le azioni e gli scopi, a causa della emersione dei movimenti autentici di alternative comuniste, con la costituzione di ufficiale partito e con il conseguente rifiuto di tutte le proposte non autentiche in quanto difformi non conformi ma non differenti. Con l’intervento della Alternativa Comunista si chiudeva così il tentativo anticomunitario e comunista, la cui connotazione fondamentale è stata la protesta antistatalista ed antiistituzionale, cioè una azione dagli esiti non critici non realizzativi ma ostruttivi e distruttivi. (Questi i principali personaggi politici coinvolti in tali formazioni non ufficiali ed ora non ufficializzabili: Vladimir Lussuria, N. Vendola.) Tali formazioni, nate in àmbito comunista e poi divenute ad esso estranee e poi estromesse, mai ufficializzate, sono da catalogarsi come opposizioni alle affermazioni politiche dei valori ed alle difese politiche dei valori, extrapolitici e politici.
*Variamente entro o in prossimità di questa ultima fazione che si fonda sui valori, non estromessa ed anche con còmpiti svolti di Governo, è da collocarsi la proposta politico-filosofica di “comunismo ermeneutico” di Gianteresio Vattimo, in verità in Italia senza un sufficiente seguito, ma con certo clamore oltreoceano, in ambienti culturali latini e non senza notevole interesse da parte di ambienti filosofico-culturali anglosassoni, non soltanto americani pure europei. Quale invito a non obliare il valore possibile della possibilità del comunismo, Vattimo ha operato sia entro logica comunitaria, sia fuori da tal logica, pervenendo a formulazione specificamente politica solo in questa ultima. Aspettandosi anche e soprattutto in Italia disponibilità e vasto consenso, di fatto non ne otteneva che all’estero, ma variamente accolto e trovando successo politico inaspettato quanto diverso, cioè senza ottenere sufficiente sèguito, o per inutilità o per inutilizzabilità, o per controreazioni positive o per reazioni negative. Dunque resta tale comunismo ermeneutico, quale espressione filosofica di etica politica, una affermazione che ha avuto in Italia ed Europa distinto e non indifferente sèguito, mentre politologicamente senza riscontro effettivo. Ragione di questa vacuità è stato l’emergere delle riflessioni politiche sulla globalità ed i globalismi, che hanno reso la formula ermeneutica del comunismo insostenibile su scala globale perché priva di inserimenti possibili e insignificante in ottica globale poiché sostituita dalle riflessioni in tutto corrispondenti, per propria struttura necessaria genericamente costruite ed adottate, senza che si possa, comunque, basare teoria né prassi su idee di parte o soggette a scelte di parte. Della avventura intellettuale compiuta dalla formula resta quale conseguenza positiva la definizione precisa dell’àmbito di applicabilità politica della ideologia comunista non comunitaria. Dunque i movimenti politici e comunisti fuori di tale àmbito, anche richiamantisi senza accortezze e conoscenze alla formula ermeneutica, hanno necessario carattere velleitario e non hanno più accoglienza entro politica globale e necessità legittime ad essa inerenti. La stessa riflessione postuma del suo autore si svolge nuovamente entro il concetto generale, senza alcun possibile formulario, ritrovandosi la formula stessa espressa quale criterio di inapplicabilità; mi riferisco a quanto contenuto a riguardo in “Essere e dintorni”, pubblicazione di medesimo autore, ove si trova manifestata filosoficamente e politicamente la esigenza ultima della inclusione e abbandonata e negata la esperienza del fine conoscitivo, in merito alle ideologie unicamente comuniste, non comunitarie-comuniste.
MAURO PASTORE
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La prima parte del testo, prima dell’asterisco, è introduttiva:
La rifondazione comunista in Italia dopo la chiusura del PCI e la apertura del PDS, questa necessitata anche dalle esigenze di distruggere ogni connivenza col potere stalinista ed imperialista sovietico, accadde grazie alle formazioni comuniste locali, non marxiste od antimarxiste, di ispirazione gramsciana o postgramsciana, eticamente allineate al leninismo e per militanza intellettuale antistaliniste. Quale proposta unica, tale rifondazione ebbe vita piuttosto breve, non autonoma durante il breve periodo di governo, cioè condizionata dalle amministrazioni locali che ne sostenevano o negavano i progetti, non per questo terminata con un nulla di fatto, dovuto infatti alla intransigenza propria e degli alleati di governo. Essa col crollo della alleanza aveva già realizzato quanto in concordia coi vari comunismi locali al potere in Italia. Quale programma molteplice in relazione a tali molteplicità, tale rifondazione era in parte il compimento del progetto di un comunismo italiano non antioccidentale e democratico, promosso con forza ed autonomia dal segretario di partito Enrico Berlinguer. Per il resto, essa era propriamente solamente fondazione, indubbiamente connessa alla volontà di Gramsci di un socialismo reale ma parziale, secondo varietà di luoghi e differenze etniche. Teorico della minaccia comunista, azione condotta per un fine non comunista ma per scopo dei comunisti, Antonio Gramsci era in ciò intellettuale isolato, quale scrittore diventato per alcuni lettori anche ‘intellettuale organico’, attuando forse per primo il ruolo da lui medesimo prefissato, con successo soltanto postumo. Quando Bertinotti aveva assunto guida della Rifondazione, essa aveva già la prospettiva fissata da Gramsci, assegnata dai suoi seguaci politici, per questo Fausto Bertinotti non sentiva legame con tale vicenda, ma ne aveva retaggio politico.
Il comunismo italiano dunque è stato tipicamente e praticamente un pensiero della molteplicità, basato su rivendicazioni che se più forti di quelle rivoluzionarie restavano comunque tutte istituzionalmente compatibili o legislativamente riconoscibili; e tale forma è rimasta per qualunque estremismo di sinistra basato su ideologia comunista. A ciò, si affiancava non da sùbito il comunitarismo, quale ideologia politica generale derivata dalla attuazione di quella precedente particolare, ma anche quale provenienza diversa, socialista o non socialista, moderata o non moderata, di orientamento non specificabile o di sinistra o di centro oppure anche di destra. Si potrebbe dunque mostrare con facilità che il comunismo italiano è ora assunto od assumibile quale variante particolare della ideologia comunitarista, questa con prassi specifica fondata sul pensiero della molteplicità.
Dunque l’etica di fondo di questa evoluzione ed innovazione, allargamento ed inclusione, è identificabile nel rifiuto del “pensiero unico”, la quale oltre ad essere stata ed essere una etica di filosofia politica, è stata anche una militanza politica nello Stato, giudiziaria prima che intellettuale. In questa attività va inquadrato anche il piano “Gladio” di difesa militarizzata ed istituzionale dello Stato italiano dalle indebite intrusioni di provenienza comunista-sovietica. Dunque annoverarlo per colpo di mano di estrema destra non è corretto, tanto più che fu garantito e difeso da rappresentanti politici istituzionali e di schieramento di centro o centro-destra, democristiani.
Per ciò che concerne la filosofia, dunque si può considerare quali fonti delle azioni politiche: le politologie di Lenin, leninisti, Gramsci, gramsciani, ed inoltre tutta la ideologia politico-ideologica del postmodernismo, impegnata nella ridefinizione di nuove prospettive e nel puntuale rifiuto degli assolutismi di sinistra, in considerazione degli anacronismi inaccettabili e dei contesti storici ridefinibili.
È stato invece un tentativo diverso quello di isolare la ragione storica comunista dalla logica comunitaria, tentativo condotto in Italia mediante azioni antiistituzionali od atti antipolitici, entrambi con moderazione tale da aggirare le reazioni difensive necessarie e necessitate. Inserito nell’àmbito clandestino che sussiste tra burocrazie dell’Europa e dei suoi Stati e Regioni, tale tentativo ha potuto consistere a causa di incongruenze ed insolvenze, diventando di fatto poi un alleato dello sviamento delle istituzioni politiche ed economiche europee, questo improntato ad un liberismo estremo e legalmente provvisorio od inconsistente, quel tentativo invece solamente condottovi o trascinatovi.
Le formazioni politiche comuniste anticomunitarie, di ascendenza ma non origine comunista, dunque storicamente pre-rifondazioniste, annunciatesi non tradizionaliste od antitradizionaliste, pesantemente influenzate da ambienti subculturali o coinvolte da intenzioni non repubblicane cioè non realmente democratiche perché estranee alla logica democratica repubblicana, hanno operato in funzione non direttamente o non palesemente alternativa, non antagonista e non radicale, secondo strategia comunicativa e tattica riformista, dunque assumendo per tramiti, volontari o coatti, i movimenti di alternativa comunista, vecchi e soprattutto nuovi, tentando di condurre lo Stato italiano verso le insidie di riconoscimenti di affermazioni inconsistenti dopo che le istituzioni europee erano state invase da prassi inautentiche e superflue, ma incontrando di fatto rifiuti netti o definitivi dell’elettorato o nei sostenitori, inoltre subendo la avversione dei poteri culturali tradizionali e degli attivisti per il riconoscimento reale dei reali diritti, ostili a parti e partiti politici in opere di rivendicazione astratte e non realmente possibili, impeditive e collusive, critiche e non fattive, senza competenze e con sola persuasione. Di fatto sfruttando disordini, incompetenze, assenze, tali formazioni non effettivamente alternative non subivano però veti diretti da chi ne avversava le azioni e gli scopi, a causa della emersione dei movimenti autentici di alternative comuniste, con la costituzione di ufficiale partito e con il conseguente rifiuto di tutte le proposte non autentiche in quanto difformi non conformi ma non differenti. Con l’intervento della Alternativa Comunista si chiudeva così il tentativo anticomunitario e comunista, la cui connotazione fondamentale è stata la protesta antistatalista ed antiistituzionale, cioè una azione dagli esiti non critici non realizzativi ma ostruttivi e distruttivi. (Questi i principali personaggi politici coinvolti in tali formazioni non ufficiali ed ora non ufficializzabili: Vladimir Lussuria, N. Vendola.) Tali formazioni, nate in àmbito comunista e poi divenute ad esso estranee e poi estromesse, mai ufficializzate, sono da catalogarsi come opposizioni alle affermazioni politiche dei valori ed alle difese politiche dei valori, extrapolitici e politici.
*Variamente entro o in prossimità di questa ultima fazione che si fonda sui valori, non estromessa ed anche con còmpiti svolti di Governo, è da collocarsi la proposta politico-filosofica di “comunismo ermeneutico” di Gianteresio Vattimo, in verità in Italia senza un sufficiente seguito, ma con certo clamore oltreoceano, in ambienti culturali latini e non senza notevole interesse da parte di ambienti filosofico-culturali anglosassoni, non soltanto americani pure europei. Quale invito a non obliare il valore possibile della possibilità del comunismo, Vattimo ha operato sia entro logica comunitaria, sia fuori da tal logica, pervenendo a formulazione specificamente politica solo in questa ultima. Aspettandosi anche e soprattutto in Italia disponibilità e vasto consenso, di fatto non ne otteneva che all’estero, ma variamente accolto e trovando successo politico inaspettato quanto diverso, cioè senza ottenere sufficiente sèguito, o per inutilità o per inutilizzabilità, o per controreazioni positive o per reazioni negative. Dunque resta tale comunismo ermeneutico, quale espressione filosofica di etica politica, una affermazione che ha avuto in Italia ed Europa distinto e non indifferente sèguito, mentre politologicamente senza riscontro effettivo. Ragione di questa vacuità è stato l’emergere delle riflessioni politiche sulla globalità ed i globalismi, che hanno reso la formula ermeneutica del comunismo insostenibile su scala globale perché priva di inserimenti possibili e insignificante in ottica globale poiché sostituita dalle riflessioni in tutto corrispondenti, per propria struttura necessaria genericamente costruite ed adottate, senza che si possa, comunque, basare teoria né prassi su idee di parte o soggette a scelte di parte. Della avventura intellettuale compiuta dalla formula resta quale conseguenza positiva la definizione precisa dell’àmbito di applicabilità politica della ideologia comunista non comunitaria. Dunque i movimenti politici e comunisti fuori di tale àmbito, anche richiamantisi senza accortezze e conoscenze alla formula ermeneutica, hanno necessario carattere velleitario e non hanno più accoglienza entro politica globale e necessità legittime ad essa inerenti. La stessa riflessione postuma del suo autore si svolge nuovamente entro il concetto generale, senza alcun possibile formulario, ritrovandosi la formula stessa espressa quale criterio di inapplicabilità; mi riferisco a quanto contenuto a riguardo in “Essere e dintorni”, pubblicazione di medesimo autore, ove si trova manifestata filosoficamente e politicamente la esigenza ultima della inclusione e abbandonata e negata la esperienza del fine conoscitivo, in merito alle ideologie unicamente comuniste, non comunitarie-comuniste.
MAURO PASTORE