Libertà di informazione e diritti umani
Un dibattito a partire dal caso Julian Assange
A cura di Antonio Cecere e Sara Chessa
L’idea che il genere umano fosse in costante progresso, pervase tutto il pensiero moderno e resta, ancora oggi, una delle idee guida della nostra società. All’apice del pensiero illuminista, quando cominciarono a nascere le prime repubbliche rette da principi ispirati alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, fu Immanuel Kant (1795) a dichiarare che «il diritto degli uomini deve essere ritenuto sacro, dovesse ciò costare anche enormi sacrifici al potere dominante». Secondo il filosofo tedesco non era possibile trovare una via di mezzo fra diritto e utilità e, per questo, doveva essere chiaro che ogni politica deve inchinarsi di fronte al diritto dei cittadini. L’idea kantiana non è da intendersi come una generica dichiarazione di principio, in quanto la connessione fra diritto e morale è il fulcro della Democrazia moderna e si esprime nella famosa formula trascendentale del diritto pubblico:
«tutte le azioni riguardanti il diritto di altri uomini, la cui massima non si accordi con la pubblicità sono ingiuste».
Questa formula sancisce in modo inequivocabile che uno Stato che si fondi sul diritto dei cittadini alla felicità e alla giustizia non può tenere nascosto alcun provvedimento al pubblico. Se una decisione governativa non può essere professata pubblicamente prima di essere messa in atto è ingiusta a priori e dimostra che l’operato dei rappresentanti politici è contrario ai principi che sorreggono il diritto del Patto civile.
Il fatto che Assange, nella sua qualità di giornalista, abbia pubblicato documenti che provino l’infedeltà di alcuni politici ai principi che essi stessi dovrebbero propugnare, non può in alcun modo essere visto come un atto criminale contro la sicurezza di uno stato. Al contrario è sempre necessario che la verità sia resa pubblica al fine di rendere il dibattito politico il più possibile autentico e che non vi sia scollamento tra i fatti e le opinioni dei cittadini.
Abbiamo chiesto a i nostri studiosi di Filosofia in Movimento di ragionare intorno al caso Assange per verificare se la società attuale conferma le speranze di progresso dei filosofi moderni, e se i diritti umani sono rispettati nella detenzione di Assange e nella richiesta degli Usa di estradare il giornalista per processarlo nel loro Paese. Lo stesso Assange seguirà a distanza il nostro dibattito, della cui apertura è stato informato e che vedrà la partecipazione di legali internazionali impegnati a difenderlo dalla richiesta di estradizione, giuristi che all’interno di organismi delle Nazioni Unite si occupano di tortura e detenzione arbitraria, giornalisti e attivisti per i diritti umani dell’organizzazione Bridges for media freedom (GB), ed altri studiosi americani e inglesi”.