Appello di 34 intellettuali per un nuovo corso culturale

APPELLO DI 34 INTELLETTUALI PER UN NUOVO CORSO CULTURALE

 

La vicenda che ha visto Berlusconi candidato, fino a poco tempo fa unico, a prossimo Presidente della Repubblica in Italia fa temere che ragione e sensibilità siano sul punto di estinguersi. Guardando a quanto accade in queste settimane in Italia, vogliamo esprimere il nostro sdegno e sconforto di fronte all’insensatezza e alla stupidità che come un fiume in piena stanno dilagando tra coloro che governano il paese e tra molti cittadini di ogni credo e idea politica. Non è possibile che non si levi un coro di milioni di persone per fermare questa ennesima barbarie della ragione!

Ma non basta indignarsi. Occorre fare qualcosa. Innanzitutto dobbiamo far conoscere il nostro pensiero in merito a questa inconcepibile situazione. È certamente importante che gli individui e le comunità di uomini e donne esternino il loro senso di disgusto e di rifiuto nei confronti di una tale vergognosa prospettiva. Ma bisogna riflettere e agire al fine di indicare una nuova via, proporre un progetto politico, educativo e sociale radicalmente diverso.

C’è bisogno di un’azione simbolica che esprima la nostra protesta e il rifiuto di essere cittadini di un paese di cui una piccola ma potente casta politica candida, a suo massimo rappresentante istituzionale, il peggiore esempio a cui si possa pensare negli ultimi trenta anni di vita civile; un personaggio che rispecchia al massimo livello la corruzione, il degrado, la volgarità culturale, la barbarie linguistica, la falsità e la più grezza insulsaggine, insomma il declino irreversibile della cultura e della civiltà. È pure inaccettabile che i cosiddetti partiti della “sinistra”, di centro e di qualsiasi altra collocazione politica, ne abbiano discusso invece di rifiutarsi anche solo di considerare una candidatura scellerata, per proporre, invece, una figura di alta statura culturale e civile. Si vedano le «manovre» in corso per portare al Quirinale Mario Draghi, primo rappresentante della casta politico-finanziario-tecnocratica. La vera alternativa che ci sta di fronte non è tra Berlusconi o un suo clone e Draghi, ma tra la crisi e il degrado estremi di un sistema politico e di un modello di civiltà che sta portando al declino della cultura e alla dissoluzione dell’umano e un progetto alternativo per una rinascita reale e profonda della scuola e della vita sociale.

Oltre alle legittime obiezioni di natura giuridica e politica, ampiamente argomentate da insigni costituzionalisti, per comprendere la vicenda politica in atto, c’è da porsi una domanda preliminare, e cioè quale sia il contesto che ha reso possibile la sola “pensabilità” della candidatura di Berlusconi a Presidente della Repubblica. La risposta non è contingente, ma è di natura storica e filosofica. Dal punto di vista storico è noto come dagli anni ’90 la società sia stata riconfigurata integralmente in funzione di una logica aziendalistica e di mercato dal succedersi di governi di diverso colore politico (basti ricordare, in quegli anni, in Italia, le privatizzazioni selvagge che hanno violato l’articolo 41 della Costituzione), in sinergia con lo sviluppo di un apparato tecnologico che ormai prescrive linguaggi e modalità di comunicazione standardizzati e privi di articolazione argomentativa (vedi ad esempio i social inondati da avvilenti vignette circa le note passioni del nostro emerito personaggio, quasi si trattasse di ininfluenti questioni private su cui ironizzare!). Se fin dalla scuola primaria si insegna a coltivare il «successo personale» e la competitività come stella polare dell’esistenza, sempre in funzione della produzione e consumo di merci, con il denaro quale unico criterio di misurazione di tale successo, ebbene il nostro candidato ha tutti i requisiti in regola. Si dirà: è vero, ma ha commesso dei reati. Il punto, però ­– e qui dobbiamo attingere alla filosofia – è che tali reati non sono avvertiti collettivamente come atti che vìolano principi e virtù inderogabili (onestà, dignità, rispetto…), perché quei «reati» sono espressione di forme condivise di arbitrarismo (tutte le inclinazioni individuali sono legittime) e di superamento di limiti giustificati da un contesto di competitività estremo (un po’ di corruzione la si perdona a tutti…). Come non ricordare nel lontano 2013 il documento della banca d’affari americana Jp Morgan (una delle maggiori responsabili delle speculazioni che innescarono la crisi del 2008) in cui si affermava che le Costituzioni europee nate dopo la caduta delle dittature del Novecento erano ormai datate e rappresentavano un vero e proprio intralcio alla possibilità di varare politiche economiche di austerità adeguate ai tempi.

Quello che sta accadendo dunque in questi giorni in Italia in attinenza alla situazione culturale, sociale e politica, attorno all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, è perciò solo la punta di un iceberg che svela una situazione ben più drammatica e preoccupante, che si è incapaci di vedere o che non si vuole vedere: una cecità al contempo della ragione e della volontà. Mentre la scuola di ogni ordine e grado, la cultura in tutte le sue espressioni (dai musei e dalle accademie d’arte ai conservatori di musica e ai teatri), l’intera società sono in preda a un tale degrado materiale e ancor più morale che rischia di produrre una perdita irreparabile del nostro patrimonio antropologico e della nostra memoria storica, la casta politica che governa senza meriti né idee, e i media, ormai mutati a meri portavoce del potere, non trovano nient’altro di cui parlare e su cui scrivere che non sia la candidatura di Berlusconi a prossimo Presidente della Repubblica, o come spartire i finanziamenti speciali dell’UE tra i pochi monopoli del potere economico-finanziario-tecnocratico europeo e mondiale, di cui l’attuale presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi è il massimo esponente ed esecutore, detengono le redini del comando nel nostro paese e che impongono le loro decisioni a tutti i cittadini ignorando le regole di una democrazia realmente partecipativa.

Il progetto di Draghi – e dei monopoli finanziari e poteri forti che lo sostengono –, che contrariamente alle apparenze non è un pensatore-calcolatore e uomo di governo solitario e apolitico, esprime un modo e metodo di pensare, si potrebbe dire una ideologia-religione (cioè che aspira ad essere unica e a incarnare la verità), il cui contenuto e scopo è racchiuso in tre parole chiave: 1/modernizzazione (dove per questo termine s’intende prioritariamente meccanizzazione e digitalizzazione del lavoro e del pensiero); 2/ controllo tecnocratico della e dominio tecnico sulla vita delle persone e della politica, e 3/ normalizzazione della società attraverso l’eliminazione dei soggetti sociali (che ne costituiscono il nervo vitale capace di generare complessità e cambiamenti culturali) e del conflitto (inteso come spazio intersoggettivo che consente di esprimere e confrontare idee e proposte diverse) come forma di emancipazione da diseguaglianze sociali e da asservimenti umani. Il pericolo reale è dunque di veder realizzato, a medio o lungo termine, un modello economico-finanziario-tecnocratico di società e di cultura che mira all’annichilamento di certe conquiste democratiche (e persino costituzionali), come ad esempio l’esautoramento del ruolo del parlamento e di altre istanze significative del dibattito pubblico, e della soggettività sociale, che avrebbe come conseguenza (in parte già in atto) la demolizione delle nostre radici e tradizioni culturali popolari e liberali, e dunque del pensiero critico, prerogativa ed esercizio vitali di un’autentica democrazia, attraverso l’instaurazione di un dominio dei social (cioè della rete) e dei principali mezzi di comunicazione di massa (televisione e giornali).

Intanto, il distacco tra questa casta politico-finanziaria, sempre più arroccata sui suoi privilegi e sempre più incapace di esprimere un progetto di rinascita ideale e culturale per il nostro paese, e la società civile è manifesto e sta diventando abissale. Dobbiamo così prendere atto di una forma di naufragio dello spirito: giudizio frutto non di riflessioni astratte di intellettuali attardati, ma parto della tragica attualità dei nostri tempi.

Su una cosa vorremmo perciò insistere qui e cioè sul fatto che la surreale vicenda del Berlusconi candidato a futuro Presidente della Repubblica rappresenta l’epifenomeno di una più ampia crisi culturale e morale della nostra società. Limitiamoci a sottolinearne due aspetti, che forse presentano una qualche indiretta correlazione.

Il primo riguarda la dimensione politica del mondo in cui viviamo. È innegabile che oggi siamo agli antipodi di quanto scriveva Platone nella Repubblica (circa 2400 anni fa), e cioè che governare significa comprendere il bene collettivo e tradurlo in leggi e atti politici opportuni. «Oggi quelli che la pensano in questo modo o sono assai isolati e silenziosi o refrattari ad apparire nei media. Per loro, si potrebbe parafrasare il titolo (Appaio dunque sono) e dire – penso e quindi non appaio. La voce dei pensatori che non appaiono è assente nell’Agorà, in cui risuona invece incessantemente quella dei nuovi intellettuali, le cui opinioni su ciò che è buono e ciò che è cattivo alimentano un dibattito reiterativo che non può, e forse non vuole, incidere sulla realtà. Si tratta di opinioni per lo più prevedibili, ‘di destra’ o ‘di sinistra’ per semplificare, di volta in volta destinate a essere condivise da ben individuate parti della società, che in quelle volentieri si riconoscono e si rinforzano. Quello che manca è l’elaborazione di un progetto politico a tutto tondo, magari anche impopolare, rivolto in prima istanza ai governanti di cui gli intellettuali dovrebbero farsi mediatori con i cittadini in un lavoro che non esiterei a definire educativo» (Lamberto Maffei, «Il resistibile e triste trionfo dell’intellettuale apparente», l’Avvenire, 21 maggio 2021).

Il secondo riguarda la pandemia, che certamente ha messo alla prova ancora di più le precarie condizioni della scuola e della ricerca, dove si affaccia la continua digitalizzazione, concepita illusoriamente come progresso. E’ auspicabile che nella nostra cultura si seguano le indicazioni di letterati, come Leopardi e altri dopo di lui, e anche scienziati e filosofi che hanno tentato il dialogo tra le cosiddette due culture e hanno riflettuto su come realizzare una ricomposizione tra la cultura scientifica e quella umanistica, consci in realtà del fatto che la scienza e le lettere sono profondamente legate e rappresentano due approcci complementari, due momenti connessi dello stesso processo conoscitivo. Osserva ancora Lamberto Maffei: «Pur nell’ammirazione e desiderio di conoscenza delle nuove scoperte scientifiche io guardo con timorosa precauzione al fenomeno della pandemia tecnologica e ho una biologica naturale paura di trovarmi a vivere in una società di tecnici auto-robotizzati che hanno trovato l’algoritmo del nuovo bene collettivo basato su un’analisi accurata dei big data. Se il pensiero, il senso morale e per dir così l’anima, fossero rimpiazzati da meravigliosi, efficienti algoritmi capaci di migliorare il benessere dei cittadini, l’aggettivo umano potrebbe essere cancellato dal vocabolario e la biologia dovrebbe constatare una diminuzione di biodiversità».

Noi pensiamo perciò che occorra operare per un progetto educativo e culturale radicalmente nuovo che collochi la scuola e la conoscenza in cima alla scala dei valori e al cuore di un nuovo modello di società. Le nuove tecnologie digitali non possono essere l’obiettivo di un tale progetto, ma solamente uno fra i tanti strumenti che l’accompagnano entro certi limiti pedagogici ed etici; esso deve invece essere focalizzato sull’educazione, la conoscenza e la creatività, vere fonti di ogni possibile progresso scientifico e culturale di un paese. Qui risiede il fulcro di una visione nuova degli individui e della società: non degli esseri senza più qualità umane, privi di autonomia e di capacità di scegliere, quindi asserviti ad altri, più potenti e furbi, facili prede del falso miraggio del denaro e del successo, schiavi della propaganda dei media e della pubblicità del consumo, ma uomini e donne che, con i loro limiti e le loro contraddizioni che li arricchiscono facendoli più umani, aventi al contempo diritti e doveri verso sé stessi e verso gli altri, coltivano con onestà e lealtà, ascoltando e riflettendo, una passione per lo studio e il lavoro, una vocazione per il bene comune, per formarsi in quanto esseri umani consapevoli e liberi e per migliorare la società a cui appartengono.

 

Questa lettera vuole essere un appello alle coscienze dei cittadini italiani, di qualsiasi opinione politica e ceto sociale, che credono nel ruolo faro della scuola, della scienza delle lettere e delle arti, ma ci auguriamo possa fungere anche da volano per una rinascita di una certa umanità e della cultura del Paese.

C’è urgente bisogno di indicare una prospettiva a migliaia di giovani, di immaginare un orizzonte diverso per chi verrà dopo di noi. Se la ragione e la riflessione sono necessarie per uno studio ed esame critico dei fenomeni e delle situazioni reali, l’immaginazione e la volontà lo sono per costruire un futuro diverso.

 

 

 

PRIMI FIRMATARI

 

Sergio ALBEVERIO (Accademia Nazionale dei Lincei/ Università di Bonn)

Eleonora ALFANO (Università di Roma «Tor Vergata»/Paris 1-Sorbonne)

Novella BELLUCCI (Università di Roma «La Sapienza»)

Claudio BARTOCCI (Università di Genova)

Fabio BENTIVOGLIO (Liceo U. Dini, Pisa)

Luciano BOI (EHESS/Collège International de Philosophie, Paris)

Florian BOLLOT (Pianista e compositore, Paris)

Alberto BRIGHENTI (Politecnico Torino/CEA Paris)

Ugo BRUZZO (Trieste, SISSA)

Marco CAMPANA (Artista, Ravenna)

Enrico CASTELLI GATTINARA (Università di Roma «La Sapienza»)

Antonio CECERE (Università di Roma «Tor Vergata»)

Antonio CORATTI (Università di Roma «Tor Vergata»)

Umberto CURI (Università di Padova)

Roberto FINELLI (Università Roma Tre)

Saverio FORESTIERO (Università di Roma «Tor Vergata»)

Françoise GRAZIANI (Università di Corte)

Ezio LACONI (Università di Cagliari)

Thierry LEHNER (CNRS e ENS, Parigi)

Carlos LOBO (Archives Husserl, Paris)

Giuseppe LONGO (ENS, Paris)

Chiara MAGNI (Università di Roma «Tor Vergata»)

Lamberto MAFFEI (Scuola Normale Superiore e Accademia Nazionale dei Lincei)

Maria Laura MONGILI (Università di Cagliari)

Silvia MORANTE (Università di Roma «Tor Vergata»)

Laura PAULIZZI (Università di Roma «Tor Vergata»)

Gaspare POLIZZI (Università di Pisa)

Paolo QUINTILI (Roma «Tor Vergata»/Collège International de Philosophie, Paris)

Carlo Alberto REDI (Accademia Naz. dei Lincei/Comitato Etica Fondazione Veronesi)

Giancarlo ROSSI (Roma «Tor Vergata»/INFN)

Silvia ROMEO (Artista, Siena/Paris)

Luca VARGIU (Università di Cagliari)

Giuseppe VITIELLO (Università di Salerno /INFN)

Luigi ZUCCARO (Milano, Fondazione Progetto Arca)

 

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