Il futuro della libertà religiosa
La libertà religiosa, prima ancora che come “diritto”, rappresenta quello spazio di massima espressione della personalità umana che va oltre il perimetro ascrivibile alla dimensione del “giuridico” per ricomprendere istanze di natura lato sensu culturali. Si intende con ciò dire che la forza culturale della religione, il suo agire dinamicamente in latenza, possiede una matrice che genera specificazioni antropologiche in grado di incrementare lo spazio della quotidianità ridefinendo la sintassi dei comportamenti (anche giuridicamente determinati) a prescindere che si sia realmente fedeli oppure atei.
Quando invece la libertà religiosa dispiega le sue dinamiche innervando le pieghe del “potere”, offrendo la sua spinta propulsiva all’azione che le organizzazioni (religiose) svolgono nello spazio pubblico, ebbene, in quel caso, si tratta di spostare l’attenzione su un altro piano, quello degli strumenti di natura giuridica (oltre che delle premesse politiche che giustificano un determinato prodotto normativo) che il diritto, nelle sue complesse articolazioni, appresta per garantire a tutti i soggetti, singoli e collettivi, la giusta quota di rappresentatività.
Questo essere della libertà religiosa un po’ come “Giano bifronte”, con lo sguardo rivolto verso l’alto e verso il basso (interessi, bisogni, conflitti, etc.), si offre meglio di qualsiasi altro fatto sociale a fungere da misuratore del grado di democraticità di un ogni contesto pubblico.
Con lo sguardo del giurista, è possibile analizzare il fenomeno in questione muovendo dal punto di vista dello stato (dunque in chiave “interna”) e delle realtà sovranazionali.
1. Sul primo fronte (quello statuale), l’analisi della libertà religiosa risulta fortemente condizionata dal complesso sistema di eventi storico-politici che hanno caratterizzato l’affermazione di questo particolare paradigma politico, almeno a partire dalla prima metà dell’Ottocento. In Italia, in particolare, la presenza del Vaticano, il “peso” politico e giuridico dei Patti lateranensi durante la fase della dittatura fascista e a seguire con l’entrata in vigore della Costituzione e le trasformazioni sociali in senso sempre più multiculturali legate al presente, esigono (a nostro avviso) una rivisitazione complessiva della disciplina giuridica del fenomeno religioso. Ma le resistenze sono diverse e variamente articolate, cagionate dall’assenza di un modello oggettivo di laicità in massima parte condiviso. Il “buon senso” però ci invita quanto meno e valutare l’opportunità di (provare a) ricondurre sotto il segno della legge la definizione, in via generale, delle disposizioni di garanzia a beneficio dei singoli e dei gruppi, e alla legislazione c.d. “negoziata” (Concordato, intese), l’individuazione delle norme di “promozione”, necessitate dalla diversità e dalla specificità delle numerose chiese, associazioni, comunità religiose, ma anche organizzazioni filosofiche e non confessionali.
2. Sul fronte esterno, quello europeo e internazionale, la storia della libertà religiosa ha seguito altri percorsi. Certamente i singoli ordinamenti nazionali hanno “esportato”, sulla scia dell’adesione alle diverse organizzazioni sorte a protezione dei diritti fondamentali, materiali utili a definire il perimetro di una forma di costituzionalismo funzionale alla massima protezione della libertà religiosa. Ma questa attenzione si è concentrata più sulla persona che sui gruppi. L’approccio è stato, cioè, di matrice liberale, indirizzato a creare spazi di libera competizione tra organizzazioni, senza corsie preferenziali per alcuna di esse.
Nell’Unione europea, soprattutto dopo l’adozione della Carta dei diritti fondamentali (2000) la persona umana, con la sua dignità e con le sue libertà, è diventata il fulcro attorno a cui è stato costruito il “diritto comune” dei diritti fondamentali. Questo ha ridotto “a zero” l’eventualità di qualunque ipotesi di “relazione strutturata” tra gli apparati istituzionali di vertice dell’UE e le comunità religiose. Non che la spinta a procedere in tal senso sia mancata, ma il fronte “laico” ha saputo contenere le spinte lobbistiche avanzate da alcuni stati (come l’Italia) e da alcune organizzazioni religiose (Chiesa cattolica in testa) affinché si addivenisse a modelli di rapporti molti simili ai concordati.
Allargando ancora di più l’orizzonte, e osservando cosa è accaduto oltre oceano, in particolare negli Stati Uniti, qui la libertà religiosa ha assunto storicamente una posizione peculiare. Sotto il segno della Costituzione del 1789 e lungo il corso dei secoli fino al presente, questo diritto ha assunto una connotazione privilegiaria sconosciuta altrove. Ad essere circondata di maggiore attenzione è stata di più la galassia delle credenze di matrice cristiana, ma nello stesso tempo l’impianto ideologico di matrice separatista caro a Madison e Jefferson, ha prodotto un “modello statunitense” fondato sul diritto comune e sull’azione contenitiva verso qualsiasi opzione confessionista. Quest’approccio ha fortemente condizionato la leadership politica americana, influendo sulle azioni di politica interna e soprattutto estera finalizzate al mantenimento della pace in diverse aree del mondo, alla messa in protezione delle minoranze religiose in alcuni contesti politici “controllati” dall’azione di gruppi fondamentalisti e al dialogo tra organizzazioni religiose.
La libertà religiosa, rappresenta perciò il prisma ideale per continuare a interrogarsi sulle trasformazioni della democrazia in Occidente (e non solo), sulle dinamiche tra politica e religione all’interno di molti paesi di cultura islamica e sul ruolo di alcune grandi potenze, come la Cina, l’India, la Russia, in rapporto col resto del mondo.
Laicità e diritti civili intende proporre una riflessione ampia e articolata sul ruolo delle religioni nello spazio pubblico e sulla dimensione dinamica del diritto di libertà religiosa sia a livello nazionale che internazionale. Partendo da recenti pubblicazioni sull’argomento, ma anche ritornando a riflettere sui “classici” in materia, come pure prendendo spunto dalle tanti “questioni pratiche” legate a questo fondamentale diritto nel presente multiculturale, questa è l’occasione per cimentarsi in ricerche e lavori di scrittura finalizzate ad arricchire il ventaglio delle opzioni interpretative.
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