La filosofia e il suo inizio

Si inaugura l’uscita di Pagine Heideggeriane con un estratto da “Che cos’è la Filosofia?” di Martin Heidegger, nell’edizione citata in nota.

 

Che cos’è la filosofia? [ref]M. Heidegger, Che cos’è la filosofia?, trad. it. a cura di C. Angelino, Il Melangolo, Genova 1997[/ref]

M. Heidegger

 

Con questa domanda tocchiamo un tema molto vasto, cioè esteso. Perché vasto, sembra destinato a restare indeterminato. Perché indeterminato, può essere trattato dai punti di vista più diversi. In ogni caso giungeremo comunque a qualche risultato. Tuttavia, dal momento che nella trattazione di questo tema tanto ampio tutte le considerazioni possibili si intrecciano vicendevolmente, possiamo incorrere nel rischio che il nostro colloquio non attinga il raccoglimento meditativo che la questione richiede.

Dobbiamo perciò cercare di determinare in modo più preciso la domanda. Così facendo daremo una direzione stabile al nostro colloquio; lo porremo perciò stesso su un cammino. Dico: su un cammino. Infatti diamo per scontato che non si tratta certamente dell’unico cammino. Un problema resta comunque aperto, se il cammino che io qui di seguito indicherò è in verità tale da consentirci di porre la domanda e di darle una risposta.

Se diamo per scontato di poter trovare un cammino per determinare  con maggior esattezza la domanda, sorge immediatamente, contro il tema del nostro colloquio, un”obiezione difficilmente evitabile. Domandandoci infatti: che cos’è la filosofia, noi parliamo sulla filosofia. Ponendo la domanda in questi termini, ci collochiamo in una zona che si trova al di sopra e quindi al di fuori della filosofia. Ma lo scopo della nostra domanda è piuttosto quello di penetrare nella filosofia, di prendervi dimora e di comportarci nel modo che le è proprio, vale a dire di filosofare. Il cammino del nostro colloquio non deve perciò avere soltanto una direzione chiara, ma deve al tempo stesso far si che tale direzione ci dia la certezza di muoverci all’interno della filosofia e non di girarvi intorno restandone fuori.

Il cammino che dobbiamo percorrere deve perciò essere di tal natura e muoversi in una direzione siffatta che ciò di cui la filosofia tratta ci riguardi direttamente, ci tocchi e in verità ci tocchi nella nostra essenza.

Ma in tal guisa non diventa la filosofia qualcosa che ha a che fare con il mondo degli affetti e dei sentimenti?

«Con i buoni sentimenti si fa la cattiva letteratura ››. «C’est avec les beaux sentiments que l’on fait la mauvaise littérature ››[ref]André Gide, Dostoevskij, tr. it. di Maria Marocchin, Milano 1946.[/ref]. Questo  motto di André Gide non vale solo per la letteratura ma anche, a maggior ragione, per la filosofia. I sentimenti, anche i più belli, non appartengono alla filosofia. Dei sentimenti si suol dire che sono qualcosa di irrazionale. La filosofia, per contro, non solo è qualcosa di razionale ma rivendica a sé per sua natura il governo della ragione. Con questa affermazione abbiamo già in qualche modo inavvertitamente deciso su ciò che la filosofia è. Abbiamo sopravanzato con una risposta la nostra domanda. Del resto, chiunque considera giusta l’affermazione che la filosofia è una questione della ragione. Ma forse tale affermazione è una risposta affrettata e precipitosa alla domanda: che cos’è la filosofia? Poiché infatti ad essa possiamo  contrapporre nuove domande. Che cos’è la ratio, la ragione? Dove e grazie a chi si è deciso che cos’è la ragione? Non è la ragione stessa ad aver affermato la propria signoria sulla filosofia? Se “ si “, con quale diritto? Se “ no ”, da dove riceve la sua missione e il suo ruolo? Se ciò che s’intende per ragione è stato determinato inizialmente ed esclusivamente dalla filosofia e all’interno del suo processo storico, non vi è alcun valido motivo per spacciare in partenza la filosofia come una questione esclusiva della ragione. Nel momento stesso in cui mettiamo in dubbio la caratterizzazione della filosofia come comportamento razionale, allo stesso modo dobbiamo anche dubitare dell’altra affermazione secondo cui la filosofia apparterrebbe al dominio dell’irrazionale. Infatti chi pretende di determinare la filosofia come irrazionale,  assume il razionale a norma della sua definizione e lo fa in modo tale da presupporre nuovamente come di per sé evidente ciò che la ragione è.

Se al contrario ci richiamiamo alla possibilità che ciò a cui si riferisce la filosofia riguarda noi uomini nella nostra essenza e ci tocca, allora potrebbe verificarsi il caso che un modo siffatto di essere toccati non abbia nulla a che fare con ciò che abitualmente s’intende per affetti e sentimenti, in breve, per irrazionale.

Da quanto si è detto, possiamo innanzitutto desumere questo solo punto: è necessaria un’attenzione più scrupolosa se vogliamo arrìschiarci ad iniziare un colloquio che ha per titolo «che cos’è la filosofia?››.

Per prima cosa dobbiamo cercare di porre la questione su un cammino chiaramente orientato, per non vagabondare fra rappresentazioni della filosofia arbitrarie ed occasionali. Ma come trovare un cammino siffatto, su cui poter determinare la nostra domanda senza correre rischi?

Il cammino cui vorrei ora accennare ci sta  immediatamente davanti. E solo perché è il più vicino lo troviamo con tanta difficoltà e, una volta trovatolo, ci muoviamo pur sempre in esso in modo maldestro. Ci chiediamo: che cos’è la filosofia? Abbiamo già pronunciato a sufficienza la parola filosofia. Ma se non utilizziamo più tale parola come un termine scontato, se invece ascoltiamo la parola “ filosofia ” a partire dalla sua origine, allora essa suona φιλοσοφία. A questo punto la parola “ filosofia ” parla greco. La parola greca, in quanto greca, è un cammino. Questo cammino, per un verso, ci sta di fronte poiché la parola da lungo tempo si è rivolta a noi precedendoci; ma si trova, per altro verso, già alle nostre spalle poiché da sempre abbiamo associato e pronunciato tale parola. La parola greca φιλοσοφία è perciò un cammino su cui camminiamo. Eppure conosciamo molto confusamente questo cammino, anche se sulla filosofia greca possediamo e possiamo divulgare innumerevoli conoscenze storiografiche. La parola φιλοσοφία ci dice che la filosofia è qualcosa che innanzitutto determina l’esistenza del mondo greco. Non solo. La φιλοσοφία determina anche l’intimo fondamento della nostra storia europea occidentale. Questo modo di dire sovente ripetuto, “ filosofia eu-ropea occidentale “, è in verità una tautologia. Perché? Perché la “ filosofia “, nella sua essenza, è greca – e greco significa qui: la filosofia è, quanto all’origine della sua essenza, di tale natura che per dispiegarsi ha fatto innanzitutto appello al mondo greco e di esso si è valsa.

Ma l’essenza originariamente greca della filosofia nell’epoca della sua signoria moderna ed europea è stata guidata e dominata da rappresentazioni provenienti dal cristianesimo. Il predominio di tali rappresentazioni ha nel Medioevo il suo terreno di mediazione. Tuttavia non si può dire che grazie a ciò la filosofia sia divenuta cristiana, cioè una questione propria della fede nella rivelazione e nell’autorità della Chiesa. L’affermazione: la filosofia è greca nella sua essenza non dice nient’altro che questo: l’occidente e l’Europa, e solo essi, sono nel loro più intimo processo storico, originariamente “ filosofici ”. Questo fatto è attestato e dimostrato dal sorgere e dal predominare delle scienze. Se esse sono oggi in grado di dare la propria impronta specifica alla storia dell’uomo sull’intero pianeta, ciò accade perché traggono origine dal più intimo processo storico europeo occidentale, cioè da quello filosofico.

Riflettiamo per un attimo su ciò che significa caratterizzare un’epoca della storia umana come “ era atomica ”. L’energia atomica, scoperta e liberata dalle scienze, viene presentata come la potenza che deve determinare il cammino della storia. Eppure non ci sarebbero mai state scienze se la filosofia non le avesse precedute e anticipate. Ma la filosofia è: ἡ φιλοσοφία Questa parola greca vincola il nostro colloquio ad una tradizione storica. Poiché questa tradizione resta unica, è anche perciò stesso univoca. La tradizione che il nome (φιλοσοφία ci comunica, quella tradizione che la parola storica φιλοσοφία nomina, rende per noi libera la direzione di un cammino percorrendo il quale ci domandiamo: che cos’è la filosofia? La tradizione non ci consegna ad una potenza coercitiva, proveniente dal passato e dall’irrevocabile. Tramandare, délivrer, significa mettere in li-bertà cioè porre nella libertà del dialogo con ciò-che-è-stato. Se ascoltiamo veramente la parola filosofia, e altrettanto veramente meditiamo ciò che abbiamo ascoltato, essa ci convoca nella storia dell’origine greca della filosofia. La parola φιλοσοφία viene per cosi  dire a coincidere con l’atto di nascita della nostra storia, possiamo aggiungere: con l’atto di nascita dell’epoca presente della storia universale che si suole chiamare era atomica. Conseguentemente non possiamo porre la domanda: che cos’è la filosofia, senza affidarci a un dialogo col pensiero del mondo greco.

Ma non solo è greco, quanto alla sua origine, l’oggetto della nostra domanda, la filosofia; è greco altresì il modo in cui la domanda è posta, il modo in cui ancor oggi, in generale, si pongono domande.

Domandiamo: che cos’è ciò…? Questo in greco suona τί ἐστιν? Tuttavia la domanda che si chiede che cosa sia qualcosa pare destinata a restare polisensa. Possiamo chiederci: che cos’è quella cosa laggiù nella lontananza? Riceviamo una risposta: un albero. La risposta consiste nell’assegnare il suo nome ad una cosa che non conosciamo esattamente.

Possiamo porre la domanda in modo ancora più ampio: che cos’è ciò che chiamiamo “albero”? Con questa domanda ci avviciniamo già al greco τί ἐστιν. Si tratta di quella forma del domandare che Socrate, Platone e Aristotele hanno sviluppato. Essi domandano per esempio: che cos’è ciò – il bello? Che cos’è ciò – la conoscenza? Che cos’è ciò – la natura? Che cos’è ciò – il movimento?

Dobbiamo ora concentrare la nostra attenzione sul fatto che nelle domande sopra citate non viene cercata soltanto una più esatta delimitazione di ciò che è natura, movimento, bellezza, ma viene contemporaneamente data un’interpretazione di ciò che significa il “ che cosa “, del senso in cui va compreso il τί. Il significato del “ che cosa “, del quid est, del τὸ quid, viene indicato col termine quidditas, in tedesco die Washeit. Tuttavia la quidditas è stata determinata in modi diversi nelle diverse epoche della filosofia.

 

Letteratura critica di riferimento sul tema “Heidegger e la filosofia”

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