Nasce LIME- Laboratorio interculturale Mediterraneo EST

L’Europa come spazio politico è sconvolta da nuovi venti di guerra. I fatti recenti, legati all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, riaprono ferite che pensavamo sepolte sotto il mantello della storia, severa nel suo giudizio sui responsabili della Seconda Guerra Mondiale e artefice della rinascita della democrazia, grazie alla volontà di persone e gruppi disposti a rischiare tutto pur di affermare il valore della pace come cemento della solidarietà tra persone e popoli. Ma le democrazie tornano ad essere messe nuovamente in pericolo e questo dilemma ripropone la necessità di ricondurre gli sforzi ad unità per assicurare alle nuove generazioni rinnovate prospettive di unione e fratellanza. Del resto, l’Unione europea è nata con questo obiettivo fondamentale, grazie al contributo che un gruppo di paesi ha dato partendo dai valori consacrati nelle rispettive costituzioni. “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”: così recita l’art. 11 della nostra Carta costituzionale; questo significa che la Repubblica (i cittadini e le istituzioni, insieme) dovrà compiere ogni sforzo, sia all’interno del perimetro nazionale, sia a livello esterno – dunque in cooperazione con gli altri – per far si che la pace resti il punto di riferimento ultimo, costi quel che costi; dunque anche immaginando di aiutare e sostenere chiunque si trovi nella condizione di vedere la propria esistenza messa in pericolo. Le organizzazioni internazionali, come l’ONU e l’Unione europea in testa, sono nate innanzitutto con questo scopo, affinchè il male non prenda il sopravvento. L’Italia, è chiamata a svolgere, pertanto, un ruolo fondamentale in questa prospettiva pacificatrice. Ed è chiamata a farlo non solo come paese fondatore dell’Unione europea ma anche come attore politico centrale all’interno del Mediterraneo. In questo grande spazio geopolitico, storicamente luogo di confronto, ma pure di scontri, tra culture diverse, c’è bisogno di affermare il valore del rispetto e della fratellanza. Papa Francesco e altri leader religiosi sono impegnati in questa impresa. Dall’alto del suo magistero, Bergoglio non si stanca di ripetere quanto conoscersi e rispettarsi tra “diversi” (per cultura, tradizioni, religioni, etc.) sia la premessa necessaria per non naufragare nel vortice dell’intolleranza e del conflitto perenne. Ecco allora, dunque, che anche il Mediterraneo diventa la palestra di una nuova narrazione civile, occasione continua per ridefinire i confini del dialogo in una prospettiva “sconfinata”, che abbatte barriere frutto di ignoranza e pretesa di dominio, specie verso i popoli più in difficoltà. Aprirsi alla diversità, accoglierla senza timori, costruire una cittadinanza mediterranea, dunque cosmopolita, sarà il compito che cittadini e organizzazioni dovranno mettere in campo, a qualsiasi latitudine. Come calabresi, in particolare, che abbiamo conosciuto il valore dell’ospitalità – mentre altrove si consumava il martirio della guerra – questa impresa assume un significato ancora più forte.

Gianfranco Macrì

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