S. Audier, Il socialismo liberale (a cura di Francesco Postorino), Mimesis 2018
Serge Audier
Il socialismo liberale (a cura di Francesco Postorino)
Mimesis, Milano 2018, pp. 176, € 16,00.
La recente traduzione italiana del libro di Serge Audier, Le socialisme libéral, sollecitata negli ultimi anni da vari studiosi di sensibilità progressista, contribuisce ad arricchire il dibattito culturale sulla crisi della nostra sinistra e, allo stesso tempo, offre buoni suggerimenti per una sua rinascita.
Audier chiarisce fin da subito le sue finalità: prima fra tutte l’esigenza di far conoscere una tradizione che è nata, si è diffusa ed intrecciata nel panorama teorico-politico occidentale in maniera complessa; si tratta di quel socialismo liberale la cui variante italiana ha assunto nel corso del Novecento un ruolo fondamentale. Un secondo motivo, non meno importante, investe l’involuzione «centrista» del socialismo europeo contemporaneo; per intenderci il blairismo di Giddens, in Italia le visioni uliviste del Partito Democratico e, in Francia, la «piccola moda del socialismo democratico» (p.16).
In questo quadro di riferimento, ci si poteva aspettare, dice il filosofo francese, di coniugare gli ideali di libertà con quelli di giustizia, auspicando le libertà uguali per tutti, ma non è andata così. Agli inizi del duemila, quando si afferma la globalizzazione, almeno nei paesi di forte tradizione democratica, i principi autentici del socialismo democratico vengono colpevolmente traditi dall’establishment di turno e, in particolare, da una sinistra sia politica sia intellettuale che subisce il fascino della mondializzazione dei mercato, decidendo di non affrontare il problema delicato dei diritti individuali e sociali. Questa presunta sinistra, inoltre, non ha messo in atto quelle misure adatte a sconfiggere l’evasione fiscale. Non ha neppure sfiorato i profitti e le rendite, e non ha tutelato i redditi da lavoro al fine di garantire una quota minima alle categorie escluse. Tante mancanze che ci fanno supporre il suo fallimento: queste scelte, aggiunge Audier, nulla hanno a che fare con gli ideali egualitari e democratici di Carlo Rosselli, di Guido Calogero, di Piero Calamandrei e di Aldo Capitini.
La crisi identitaria della sinistra coinvolge anche la Francia, la Germania, e altre realtà europee, nonostante i diversi percorsi di Syriza in Grecia con tutte le sue difficoltà, di Podemos in Spagna, l’elezione in Gran Bretagna di James Corbyn alla guida del Partito Laburista nel 2015, senza dimenticare la candidatura di Bernie Sanders alle primarie del Partito Democratico negli Stati Uniti alle ultime elezioni. Se da una parte, tali esperienze testimoniano un cambiamento di rotta, gli esiti sono tuttora incerti. La sinistra non riesce ad inventare un progetto comune: il rilancio di una prospettiva egualitaria, democratica, ed ecologica non è «all’ordine del giorno» (p. 17).
Nell’accurata rivisitazione del pensiero liberale e poi del socialismo liberale nelle diverse accezioni, Audier rivela il suo scrupolo filologico e la sua inclinazione ideologica, come sottolinea il traduttore Postorino nella sua prefazione. Il lungo percorso storico-dottrinale, tracciato dall’autore, parte da John Stuart Mill, il primo a rompere con la tradizione del pensiero liberale aprendo la strada a Green e Hobhouse. Per quest’ultimo, ad esempio, la proprietà privata non era né un diritto sacro né un male assoluto da estirpare, ma bisognava risolvere alla base tutte le ingiustizie che determinavano la ricchezza di pochi e la povertà di molti altri; auspicava inoltre una fiscalità fortemente progressiva, partendo dall’assunto che larga parte della ricchezza è di origine sociale e alla società deve tornare. Per Audier neanche il pensiero di Mill può essere ispiratore di una terza via blairiana. Sempre Mill aveva a cuore l’emancipazione della donna, come molti altri pensatori e filosofi. Il filosofo inglese era pervaso da una sensibilità ecologista idonea a contrastare quell’ideologia produttivista che oggi domina nelle forze politiche del centro sinistra.
Nel secondo capitolo l’autore si sofferma sul socialismo francese di formazione repubblicana e socialista: Leroux, Huet, Renouvier, Camille Sabatier, Lavargne, senza trascurare l’influsso che ebbero in Francia Oppenheimer e il revisionismo di Bernstein. Si sottolinea come il socialismo francese presenti una tendenza all’utopismo e all’idealismo, legata ad un rifiuto della modernità e a una difficoltà a pensare la società salariale e l’importanza del conflitto per l’emancipazione dei ceti subalterni (p. 160).
Passando al panorama italiano, lo studioso francese introduce figure semisconosciute ai più, quali Francesco Merlino, che già nell’800 presagiva la deriva del pensiero di Marx, che avrebbe dovuto realizzarsi nel Socialismo reale; Eugenio Rignano, Calogero, fino ai fratelli Rosselli, allievi di Salvemini e fondatori di Giustizia e Libertà, il cui impegno in chiave socialista e democratica si coniuga con un coraggioso antifascismo, finito tragicamente con il loro assassinio. Audier non trascura il pacifismo “religioso” di Aldo Capitini, né il “comunismo liberale” di Piero Gobetti, che insieme a Gramsci auspicava una rivoluzione morale e culturale mai avvenuta. Audier conclude il suo itinerario con Piero Calamandrei e Norberto Bobbio, il quale fino alla sua scomparsa si batte affinché la democrazia si combini con la prospettiva socialista, senza mai rinunciare al richiamo sulla differenza tra Destra e Sinistra.
Ivana Rinaldi
Saper scrivere in modo chiaro è un dono, prezioso, raro tra coloro che scrivono di politica. Rinaldi fa decisamente venir voglia di correre ad acquistare il libro, che così presentato promette di essere un “pivotal” riferimento per la comprensione, lo studio anche, dello status delle sinistre internazionali.
Ho letto solo ora, a distanza di mesi, il commento di Mauro. Grazie, il suo è il più bel complimento che può ricevere chi scrive di storia e di politica.