Recensione a M. Reale, “Vivere insieme nella dignità” è un altro nome di democrazia?
in A. Cecere – A. Coratti, Lumi sul Mediterraneo, Jouvence, Milano, 2009
Nel saggio scritto in risposta a Triki, Mario Reale si chiede se il vivere-insieme teorizzato dal filosofo tunisino non sia, in fin dei conti, un altro nome di “democrazia”. Ovvero, se la democrazia non sia in fondo definibile come un vivere-insieme “istituzionalizzato” che nel corso della storia moderna (europea) si è dispiegato nell’ambito degli Stati-nazione, chiudendosi in confini spesso “inospitali”. Da una parte, Reale riconosce alla nazione il ruolo da protagonista giocato nei processi moderni di «democratizzazione primaria e fondamentale», dall’altra ne denuncia l’attuale inadeguatezza nel rappresentare il «traino della storia», ovvero nel costituire «il terreno decisivo di riferimento ideale e politico» in una dimensione globalizzata[1]. Cercare di lavorare su operazioni di mediazione continue tra dimensione nazionale e globalizzata, «senza combatterci tra lungimiranti globalisti e retrogradi sostenitori dello Stato nazione»[2], è la proposta per far fronte ai complessi rapporti economici, politici e culturali che da decenni determinano la tensione fra dimensione nazionale e globale e per costruire una via percorribile che renda il vivere-insieme un progetto politico concreto e non una nozione «abusata e quasi priva di senso, impiegata per difendere l’ideologia di una società pacificata e armonica»[3]. Ma il processo di istituzionalizzazione del vivere insieme passa necessariamente, secondo Triki, per la costituzione di una “vie sociale égalitaire” che attenui le differenze tra “nord” e “sud” del mondo e del Mediterraneo. In effetti, a dominare nel dibattito filosofico-politico degli ultimi decenni è stato lo scontro (spesso ideologico) tra “più libertà” da una parte e “più uguaglianza” dall’altra, mentre, come nota Reale, la domanda sulla fraternité, «la terza parola d’ordine della Rivoluzione francese»[4], è stata per lo più trascurata, assumendo un ruolo del tutto marginale nella tradizione politica dell’occidente. Nel Contratto sociale stesso – opera considerata da molti manifesto programmatico della più radicale forma di “collettivismo” della modernità – Rousseau antepone chiaramente, in nome della costituzione della «grande Repubblica democratica», il «dominio della legge» alla esigenza di socialità, per lo più «messa sullo sfondo, solo implicita, se non proprio espunta»[5]. Il collettivismo in Rousseau sarebbe così fagocitato dal programma politico di porre “la loi au-dessus de l’homme”, avendo la legge come obiettivo primario quello di superare «la temibile dipendenza dell’uomo dall’altro uomo con il darsi a tutti non dandosi a nessuno», rendendo «gli uomini indipendenti e in un certo senso “solitari”»[6]. D’altra parte, è proprio in virtù dell’impersonalità, generalità e universalità, nonché della «reciprocità tra parti autonome» che la legge può farsi garante della «conservazione intatta delle individualità»[7], anche in nome della dignité che è nel titolo stesso del progetto filosofico trikiano, vivre-ensemble dans la dignité. In questo senso, vivere-insieme e dignità, comunità e individualità, rappresentano i due momenti da conciliare politicamente, allorché la tradizione democratica moderna pare privilegiare la tutela della sfera delle autonomie dei singoli. Per lo meno nella fase avanzata. Mentre la socialità emerge prorompente «nei momenti, sempre in qualche modo rivoluzionari […] che preparano l’avvento della democrazia e quindi nel vigore del suo stato nascente»[8], momenti in cui «è necessario mobilitare tutte le risorse “corali” del popolo, perché il vecchio scompaia e il nuovo sorga»[9]. Anche in questo caso, Reale propone uno scambio sinergico a partire dalla diversa storia dei popoli mediterranei e dalle diverse esperienze in corso sulle due sponde, l’una segnata dal fermento delle primavere arabe, ancora in movimento, l’altra alle prese con una storia democratica matura e ormai secolare, ma non priva, come sappiamo, di criticità.
[1] M. Reale, “Vivere insieme con dignità” è un altro nome di democrazia, in A. Cecere, A. Coratti (a cura di) Lumi sul Mediterraneo, Jouvence, Milano, 2019, p. 54
[2] Ivi, p. 58
[3] F. Triki, Vouloir vivre dans la dignité, tr.ita. A. Coratti, www.filosofiainmovimento.it/voler -vivere-nella-dignita/
[4] Ivi, p. 59
[5] Ibidem
[6] Anche per quanto riguarda la questione della “volontà generale”, Reale evidenzia il fatto che, «contro ogni forzatura collettivistica», essa va interpretata in quanto «frutto del “silenzio” tra i cittadini (che non devono avere “alcuna comunicazione tra loro”), ognuno dei quali nella sua intimità s’interroga, con un atto intellettivo e insieme morale, se la legge, comunque proposta dal governo, sia o no conforme alla volontà generale che è in lui» Ivi, p. 60
[7] Ivi, p. 60
[8] Ivi, p. 61
[9] Ibidem