VIDEO – Bergson e la “visione panoramica dei morenti”

La mente, nella cultura filosofico-scientifica occidentale, è stata per lungo tempo rappresentata come un sistema di specchi installati di fronte a una realtà in progressione dinamica. Come potrebbe uno specchio – costitutivamente estraneo alla realtà che fronteggia – riflettere di questa non solo immagini superficiali, ma anche configurazioni in grado di riprodurre fedelmente i processi interni, non visibili, della sua formazione? Guardando con coraggio nei fondali oceanici del moi profond, Bergson inaugura un originale percorso di riscoperta dell’assoluto nel limite spazio-temporale del moi social, attraverso un nuovo modo di vivere il tempo (mediante il concetto di durata) e il rapporto mente/corpo. Agli occhi di Bergson lettore della Revue philosophique di Ribot il fenomeno cognitivo anomalo della vision panoramique des mourants – discusso sulla Rivista dallo psicologo francese Victor Egger – acquista così la funzione di ricordare al soggetto morale che le proprie azioni devono essere prese sul serio, perché tutto ciò che ciascun moi è stato e che sarà si conserva fatalmente nel ricordo (secondo Bergson, infatti, percepire è un’occasione per ricordare…) fino all’ultimo istante di vita in cui la natura ha decretato la nostra fine.

 

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