L’assenza, o quantomeno la carenza, in Occidente, di una sinistra sociale e autenticamente internazionalista, in grado di stimolare processi di emancipazione e indirizzare la rabbia dei ceti subalterni verso rivendicazioni di carattere universalistico, anziché verso particolarismi, corporativismi e arroccamenti identitari, ha fatto registrare, sul piano del dibattito, una complessiva scarsità di quegli strumenti analitici legati alla sua tradizione culturale. In luogo del materialismo storico e della dialettica, propensi a vagliare le connessioni esistenti fra interessi e pratiche discorsive, ma anche ad analizzare i rapporti di forza economici e politici su scala planetaria, nonché i diversi conflitti di potere, si è affermata allora una tendenza deteriore e più accessibile a quell’“analfabetismo di ritorno” già denunciato a suo tempo da Tullio De Mauro (e che comporta naturalmente anche un preoccupante analfabetismo politico): il complottismo storico.