Ciò che viene dalle stelle. Tentativi di recupero del desiderio.

di Zoe Cocco

 

Desiderio. Cosa significa? Che cos’è? Cosa vuol dire desiderare? Quello che desidero è il frutto di un’influenza esterna oppure no? È giusto desiderare? Cosa si può desiderare? Cosa non si può?

In classe con gli studenti capita spesso di affrontare queste domande.

Ancor più spesso si sente parlare di desiderio al bar, al centro commerciale, dall’estetista.

Anche in biblioteca, negli occhi dei “cercatori di libri”, si percepisce desiderio.

Infine noi stessi, nel nostro piccolo e sconfinato mondo personale, ci ritroviamo a fare i conti con il desiderio.

Un termine che rimanda ad un’alterità irraggiungibile (de-sidus, ciò che viene dalle stelle) che tuttavia funge da motore della nostra agentività, della nostra forza di agire nel mondo. Leggendo il libro di Valeria Bizzari si comprende quanto sia necessario “SOstare nei desideri”.

L’utilizzo del plurale non è casuale poiché il termine oltre a rappresentare l’Altro, ad essere espressione di una mancanza incolmabile, si presenta anche come pluralità poiché la costante assenza fa si che vi sia un continuo spostamento del desiderio  da un oggetto ad un altro, da un soggetto ad un altro.

Ma questo pluralismo si evidenzia ancora di più, si fa da bidimensionale a tridimensionale, giacché non solo il desiderio si sposta da un oggetto ad un altro, ma può assumere nature le più diverse: desiderio amoroso, desiderio di conoscenza, persino desiderio di aspetti che suscitano disgusto, desiderio come slancio creativo e resistenza all’omologazione. Tutte queste declinazioni di desiderio presentano a loro volta sfaccettature diverse per cui non è del tutto sbagliato immaginare un io immerso in un mare di desideri.

Quindi un libro sulla storia del pensiero filosofico sul desiderio? No. Tutt’altro. Una riflessione sull’oggi. Sull’importanza di accettare tutte queste alterità e di sostare dentro tutte queste alterità; di imparare ad ascoltare i nostri desideri per evitare di “cadere nei pericoli del desiderio”. Perché sì, si potrebbe incappare nel “desiderio di piacere”, quello che fagocita il Don Giovanni di Mozart o ancora nella probabilità, non remota al giorno d’oggi, di ritrovarsi a desiderare qualcosa che l’io non desidera affatto. In questo il pensiero capitalista prima e i media e i social a seguire l’hanno fatta da padrone, proponendo un menù molto invitante di “oggetti da desiderare”. Hanno fatto di più. Hanno trasformato i soggetti in oggetti: i corpi sono stati oggettivizzati e l’ocularcentrismo – che da Aristotele in poi ha caratterizzato la storia dell’Occidente – ha fatto il resto. Tutti, senza porci in uno stato di vulnerabilità (concetto non gradito perché ha sapore di fragilità), possiamo vivere “appieno” le nostre vite seguendo desideri preconfezionati che non ci “scompongano” e che ci creino l’illusione di essere liberi. Eppure, proprio perché non ci scompongono, potrebbero, al contrario, essere dannosi per la costruzione della nostra identità poiché come ci insegna il racconto di Amore e Psiche […] la vita è sostanzialmente vita desiderante e tutta la vita psichica, nel suo crescere […] è fondata sulla forza del desiderio [ quello che ci rende vulnerabili]. Insomma, la psiche umana ed il desiderio nascono insieme (G. Caselli, 2023). Non c’è io, senza desiderio.

C’è poi un punto che va chiarito riguardo ai pericoli del desiderio e al peso delle influenze esterne e mi si conceda una breve parentesi di natura antropologica. Non siamo monadi sparse nell’universo. Siamo persone che vivono sul piano diacronico e sincronico in un determinato tempo e in determinati luoghi e che naturalizzano, fin dalla nascita, atteggiamenti, modi di pensare, modi di agire, modi di desiderare. Non saremo mai scollegati dal mondo che ci circonda e dalle influenze che ci hanno “tirato su”. La domanda allora sorge spontanea: quindi qualsiasi desiderio sarà sempre influenzato, in una certa misura, dall’esterno? La risposta è sì. Ma in quale misura? Sarà possibile sperimentare un desiderio libero?

Una trattazione chiara, coerente, attuale che prendendo le mosse dalla Grecia antica vuole comunicare l’urgenza del recupero del desiderio come pratica etica che non ha nulla a che fare con teorie morali, con la religione e con la virtù. Un’etica coraggiosa che può dipanarsi anche dal peccato.

Una trattazione commovente.

Un libro utile agli insegnanti, utile agli studenti; utile ai frequentatori assidui di “non-luoghi”, ai clienti compulsivi di Amazon e ai fruitori di social. Il che, in buona sostanza, vorrebbe dire tutti noi.

 

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