Tetro entusiamo. Dostoevskij in Pasolini.

Nel 1961, rispondendo a un lettore di “Vie nuove” che voleva sapere se fosse scrittore più grande Dostoevskij o Hugo, Pasolini scrisse: “Io non amo Victor Hugo, e invece addirittura venero Dostoevskij. Del primo non amo l’arte retorica […]: una retorica che credeva di essere, coi propri strumenti, indubitabilmente padrona di tutto il reale. […] Dostoevskij era esattamente il contrario; non era mai “sopra” la realtà, a ordinarla con olimpiche leggi retoriche, ma stava sempre “dentro” ad essa, a inventare incessantemente il modo di comunicarla, di esserle pari, di non lasciarla sfuggire. Non c’è pagina di Dostoevskij che non corra il rischio di essere brutta, impari, gratuita, sbagliata, eccessiva: e invece, proprio per questo, è sempre sincera e poetica: il suo caos finisce sempre con l’essere purissimo ordine: la sua contraddittorietà rigore. Io ho letto L’idiota a quindici anni: era il primo libro serio che leggevo […] e l’emozione che ne ho provato non si è ancora spenta”. Dostoevskij è una fonte fondamentale dell’opera pasoliniana, sin dal “periodo friulano”, modello e materiale con cui costruire romanzi e pensare raccolte poetiche. Passando in rassegna l’intera esperienza creativa pasoliniana, individueremo citazioni dirette e indirette di Dostoevskij, ma soprattutto cercheremo di capire in che consista la sua funzione, all’interno dell’opera pasoliniana, concludendo con la lettura di un saggio di Vladimir Luk’jančuk, primo traduttore di Petrolio in russo, per conoscere anche un punto di vista russo sulla prossimità di Dostoevskij e Pasolini.

Con Francesca Tuscano, Lavinia Mannelli, Evgenia Litvin A cura di Antonina Nocera Comitato scientifico: Antonio Coratti, Evgenya Litvin, Antonina Nocera, Claudia Olivieri

 

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